Lo studio dell’eco-etologia di uno Strigiforme è molto importante per poterne comprendere il trend demografico e valutare al meglio le linee guida per la sua conservazione.
Se la valutazione del profilo ecologico si riferisce ad una specie che è distribuita in vari continenti e in ambienti che possono essere molto differenti diventa rilevante lo studio della dieta e alcuni adattamenti locali posso avere rivolti interessanti anche per la stessa specie in aree di altri continenti.
In questo orientamento analizziamo un monitoraggio molto interessante condotto da un team di ricercatori sudamericani coordinati da Héctor Cadena, che hanno studiato il Gufo di palude Asio flammeus sugli altipiani dell’Antisana nel nord dell’Ecuador. Il monitoraggio ha avuto luogo in un ecosistema davvero singolare, se pensiamo che l’altitudine media di riferimento era posta a circa 4.000 metri slm.
La posizione geografica dell’area di studio, la temporalità e la disponibilità di prede costituiscono elementi che possono determinare notevoli mutamenti nei sistemi trofici di queste specie, peraltro oltre a queste variabili esiste anche una specializzazione individuale (Bolnick et al. 2003).
Nel corso degli ultimi due decenni gli studi sulla dieta dei gufi di palude sono aumentati in tutto il mondo, ma come abbiamo evidenziato le differenze regionali o locali possono influire sul regime dietetico.
Il gufo di palude ha un'ampia distribuzione in tutto il mondo (König e Weick 2008) anche con diverse sottospecie.
In Sud America sono presenti diverse sottospecie. Oltre alle sottospecie e specie endemiche delle isole (Falkland e Galapagos) in questo Continente abbiamo: Asio flammeus suinda (Vieillot 1817), il più diffuso nella parte centro meridionale del Continente, mentre la savana colombiana e lo stesso Ecuador è colonizzato da una sottospecie lievemente più scura Asio flammeus bogotensis (Chapman 1915).
In Ecuador si trova sugli altipiani delle Ande, principalmente tra 3000 e 4000 m slm, in habitat diversi come Paramo, valli aride e adiacenti a campi agricoli (Freile & Restall 2018).
Se pensiamo che in Europa è stato dimostrato che in molte aree esiste una corrispondenza tra la presenza di micromammiferi del genere Microtus e il gufo di palude (Michelat & Giraudoux, 2000, Mastrorilli & Bressan, 2011), in questo comprensorio sulle Ande, la predazione operata da questo Strigide mostra un interessante adattamento.
Lo studio ha analizzato un rilevante numero di borre di gufo di palude (n=163) con un numero complessivo di 242 prede appartenenti a 6 taxa.
Le borre sono state essiccate nell'ambiente per circa una settimana, ciascuna di queste borre è stato misurata, pesata e aperta manualmente. Le ossa e i resti di artropodi sono stati separati ed è stato determinato il numero minimo di individui nel campione in base a conteggio dei resti omologhi della mascella o del cranio per i vertebrati, ed elitre, teste e mandibole di artropodi. I resti sono stati identificati usando letteratura scientifica che tratta la fauna sudamericana (Voss 2003, Weksler & Percequillo 2011, Ruedas et al. 2017, Brito et al. 2019) e mediante confronto diretto con gli esemplari depositati presso l'Instituto Nacional de Biodiversidad (Inabio),
La preda più frequente è stato un piccolo coniglio: il Tapeti andino Sylvilagus andinus sia in termini di frequenza (46%) e contributo di biomassa (78%).
Dati di predazione rilevati nello studio: Cadena H., Solórzano F., Brito J., 2019.
La dieta del gufo di palude negli altipiani di Antisana presenta una bassa diversità in termini di ricchezza di specie e questo scenario potrebbe essere correlato alla specializzazione individuale o alla scarsa disponibilità di prede sui 4.000 m; i mammiferi come le prede dominavano in frequenza e biomassa come gli studi precedenti nelle aree contigue.
Il Sylvilagus andinus inoltre si riproduce tutto l’anno e hanno un'alta densità negli altopiani ecuadoriani, essendo una fonte permanente di cibo per i rapaci diurni e notturni.
La dominanza sulla biomassa di S. andinus è stata rilevata anche in altri studi condotti in Ecuador da Pozo-Zamora et al. (2017), ed è stata anche la principale preda della Poiana dorsorosso (Geranoaetus polyosoma) in un altro monitoraggio sui rapaci diurni (De Vries et al. 2014).
L’interesse di un ornitologo italiano o europeo verso questo studio è significativo poiché ci permette di rilevare la plasticità di una specie che siamo abituati a definire stenofaga e specializzata in micromammiferi.
In molte aree europee gli studi convergono nell'evidenziare che i gufi di palude predano quasi sistematicamente arvicole e lemming (Mastrorilli, 2019).
In Italia alcuni significativi svernamenti di gufi di palude in consistenti roosts sono stati rilevati in alcuni comprensori ben popolati da arvicole, come sul delta del Po (Azzolini et al. 2010) o nella campagne emiliane (Mastrorilli, 2019).
Anche nel nostro Continente, tuttavia, il gufo di palude, mostra una significativa capacità di adattamento (Mastrorilli & Bressan, 2011). Ad esempio, a Malta si sono rilevate predazioni dominanti di conigli selvatici, proprio come sulle Ande (Mastrorilli, 2019).
Asio flammeus bogotensis la sottospecie più scura che popola alcune aree andine
Ancora una volta la natura ci dimostra che i predatori sono sempre legati alle disponibilità trofiche offerte dal territorio che occupano, un aspetto importante dal considerare nella valutazione delle corrette linee guida di conservazione della specie.
Questo studio dimostra inoltre come una stessa specie a distanza di migliaia di km può predare le stesse prede in alta quota (Ande) o in riva al mare (Malta) e questo evidenzia l'importanza per una specie come Asio flammeus di rilanciare studi globali sui sistemi trofici.
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Bibliografia
Azzolini M., Bressan P., De Faveri A., Mastrorilli M. & Scaffidi M. 2010 - Svernamento in roost del Gufo di palude Asio flammeus in Italia e afflusso record del 2007. Alula 17: 130-132.
Bolnick, D.I., R. Svanbäck, J.A. Fordyce, L.H. Yang, J.M. Davis, C.D. Hulsey, M.L. Forister. 2003. The ecology of individuals: Incidence and Implications of individual specialization. The American Naturalist 161(1):1-28.
Brito J., Camacho M.A, Romero V., Vallejo A. 2019. Mamíferos del Ecuador. Versión 2019.0. Museo de Zoología, Pontificia Universidad Católica del Ecuador.
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